Sono io la morte

Sono io la morte e porto corona
Io son di tutti voi signora e padrona
E davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare
E dell'oscura morte al passo andare
Queste sono le parole con cui Angelo Branduardi descrive la morte nella suo "Ballo in fa diesis".
In poche e semplici strofe Branduardi descrive la sovranità della morte sull'essere umano,Socrate diceva che tutti temono la morte come se fosse il peggior male per l'uomo ma,nessuno è mai tornato per confermarcelo,Clint Eastwood diceva che la vita è una cosa per duri,infatti,alla fine nessuno ne esce vivo.
Come si può dedurre l'essere umano medio ha paura della morte,esistono però alcune categorie di esseri umani che convivono con essa,ci lottano contro cercando di vincerla,sono medici,soccorritori,vigili del fuoco e tutti quelli che vegliano sulla nostra sicurezza.
Un vigile del fuoco,per esempio,nella sua carriera vede con mano l'operato del Cupo Mietitore,sa di cosa è capace,sa che non guarda in faccia nessuno,sa che non ha pietà alcuna,sa che è sempre al suo fianco e che,qualche volta,si è salvato solo perchè il suo Angelo Custode era un passo avanti al Cupo Mietitore e lo ha sottratto alla sua falce.
Un soccorritore sa che il suo compito è lottare con tutte le sue forze contro di essa per salvare una vita,lui è l'ultima speranza,colui che può fare la differenza e,non sempre,nonostante gli sforzi ci riesce.
Capita spesso,a un funerale piuttosto che il primo di Novembre sui cimiteri,di vedere gente che ride,scherza,fa battute...uno spettacolo deprimente:c'è una persona morta,qualcuno che non tornerà più,che non vedrete più,un individuo con una vita,dei sogni,dei desideri che sono stati spenti come si spegne una lampadina,che però non si può più riaccendere.
Io non dico di passare il resto della vita in lutto,se il decuius non lo merita,ma almeno di portare rispetto per quella persona che si è andati a salutare per l'ultima volta...se la si rispettava abbastanza per concederle questo onore,la si dovrebbe apprezzare abbastanza per essere almeno un pò contriti,altrimenti,secondo me,si poteva stare beatamente a casa.

Il mio amico Houston

"Ok,Houston,abbiamo avuto un problema qui",questa è la frase originale che l'astronauta John L. Swigert,pilota dell'apollo 13,comunicò alla Terra dopo una "piccola grana" avuta nello spazio,la storia la tradusse con "Houston,abbiamo un problema".Successivamente il popolo l'identificò come sintomo di grossi problemi all'orizzonte.
Questa frase,come quella di Armstrong in merito al famoso passo,è ormai di uso comune per identificare situazioni non troppo piacevoli,personalmente è la frase che uso più spesso ed ecco che Houston per me non è più un posto,è un amico,qualcuno che trovo sempre nelle difficoltà:quando ci sono casini c'è sempre anche Houston!
Intendiamoci,non è che Houston risulti risolutivo nelle varie e disparate situazioni dove mi vado a cacciare,ma fa compagnia...mi sento meno solo.
Essendo anche un conoscitore della storia so che quella disavventura spaziale è finita bene,ed è finita bene anche grazie agli uomini di Houston,i quali si sono spaccati la testa per trovare una soluzione geniale a un problema che aveva qualcuno a 321.860Km di distanza,che si trovava solo,al freddo e pure stretto...erano in tre in un modulo da due.Nonostante il tempo e il destino giocasse loro contro gli uomini di Houston hanno trovato una soluzione e hanno portato quei poveretti a casa sani e salvi.
Alla luce di ciò "Houston,abbiamo un problema" non è presagio di situazioni insormontabili o di guai tremendi,si,non è nemmeno un inno alla gioia,ma è stato comunque il preludio di qualcosa che poteva finire molto male ma che alla fine si è risolto per il meglio.
Quindi è vero che Houston non è li con me quando ho un problema,ma è altrettanto vero che riesce a farmi vedere le cose meno nere di quello che sono e mi ricorda che,a ben guardare,un filo di luce passa sempre anche dai muri più impenetrabili.